giovedì 22 maggio 2014

Presentazione: PRESUNTUOSO COME IL PRANZO DI NATALE di Angelo Lupo Timini (Pescara, Marcoledì 28 maggio, ore 21:00)


Mercoledì 28 maggio 2014 - ore 21:00

presso la Libreria QUI ABRUZZO
Via De Amicis n. 5 di PESCARA


presentazione a cura di Federica D'Amato

del romanzo di Angelo LUPO TIMINI

PRESUNTUOSO COME IL PRANZO DI NATALE

(Edizioni Tabula fati)


Parteciperanno l'Autore e l'editore Marco Solfanelli





Scheda del libro:

Seguire il protagonista nel suo addentrarsi tra le pieghe della vita è come assistere a una scissione dell’atomo; a un’operazione a cuore aperto e senza anestesia.
Le vicende camminano attraverso una quotidianità contemporanea, luci e ombre che appartengono a chiunque e che pure qui vengono anatomizzate, scrutate microscopicamente dal protagonista che paradossalmente fa della sua miopia una lente di ingrandimento.
Non c’è tregua, gli eventi che normalmente accadono nella vita di un uomo qui si condensano quasi a voler mettere alla prova la fibra umana; come se in un solo giorno facesse estate e inverno, vincere la lotteria e scoprire di avere il cancro.
Non c’è tregua, le parole trasportano immagini ed emozioni che quasi si accalcano, spingono per “passare avanti” e l’uso ricercato delle espressioni non è mai un vano compiacimento letterario, ma solo il frutto di chi si sforza di rendere il senso delle cose e della vita senza infingimenti, cruda, bella, terribile, senza sconti né sovraprezzi, senza retorica né ambiguità. Un fiume che va dalla sorgente alla foce senza fermarsi.


Angelo Lupo Timini
PRESUNTUOSO COME IL PRANZO DI NATALE
Presentazione di Francesco Durante 
[ISBN-978-88-7475-333-8]
Pagg. 80 - € 8,00

http://www.edizionitabulafati.it/presuntuosocomeilpranzo.htm

sabato 10 maggio 2014

Marcello Marciani sul libro di Pina Allegrini: RACCONTI DELL'ISOLA (Edizioni Tabula fati)

RACCONTI DELL'ISOLA di Pina Allegrini

Prima di iniziare a parlare del libro che oggi viene battezzato, è opportuno fare una precisazione. Pina Allegrini è conosciuta ai più come poetessa, traduttrice, autrice di testi teatrali e attrice, operatrice culturale in svariati campi, ma poco nota come narratrice: infatti nei suoi curricula non sono incluse opere di narrativa. Pertanto questa è la prima volta che viene presentato un suo libro di racconti, anche se in effetti Pina da tanti anni ne scrive ed è presente su riviste e antologie con testi narrativi, che hanno anche vinto diversi premi. Fra l'altro un libro scritto a quattro mani con la compianta amica Tonia Giansante, dal titolo “Madama Doré”, contiene delle sue preziose pagine in prosa, e lei da anni sta lavorando ad un romanzo. Ma quest'opera, di cui oggi si parla, è la prima che. in modo organico, è strutturata come una sequenza di racconti collegati fra loro.
E il libro si presenta all'apparenza come un testo per bambini. Già in apertura, nella dedica “al piccolo Federico”, al quale si donano “queste piccole storie di una favolosa estate”, l'autrice si firma come “La nonna”, e si fa rispondere dal nipotino stesso che le augura “Buon viaggio”. L'invito alla narrazione che seguirà è pertanto affettuoso, teneramente famigliare, perché il piccolo Federico è il nipote reale di Pina, e Pina è davvero “la Nonna” che diventerà personaggio nei dieci racconti che compongono il libro. Ma poi, appena si inizia la lettura, ci si accorge subito che questo approccio autobiografico, pur se sviluppato nei fatti narrati, relativi al vissuto della scrittrice, non si arena mai in compiaciuto autobiografismo, ma si libera in una prosa giocosa, leggera, ironicamente favolistica, dal momento che quella “favolosa estate”, per ammissione sorniona e straniata di chi scrive, in realtà “non c' è mai stata”.
“Era un'isola piccina piccina, piccola come un fazzoletto, rotonda come una ciambella, di quelle che faceva la nonna. Quando Felicino la vide per la prima volta aveva quindici mesi e sette giorni, sapeva pronunciare bene solo la parola “acqua” e correva sulle gambette storte, col braccio sinistro all'infuori, come un timone, per mantenere l'equilibrio. L'indice destro invece era continuamente puntato sul mondo a indicare oggetti e direzioni che l'attiravano sul momento”.
È questo un attacco narrativo fulminante, che fa capire come all'autrice interessi entrare in “medias res”, in quella dimensione di stupore e scoperta continua del mondo tipici della prima infanzia, facendo ricorso ad un lessico volutamente “infantile” (“un'isola piccina piccina (...) rotonda come una ciambella”) per accattivarsi l'attenzione del suo piccolo (o dei suoi piccoli) lettore o lettori. E pure se il tono della parlata è quello bonario di una “nonna”, che racconta le fasi di apprendistato alla vita del nipote, la narrazione procede rigorosamente in terza persona, senza nessuna smania di protagonismo e con un'attenzione concreta agli aspetti e agli avvenimenti di questa isola-memoria, resa con un gusto visivo quasi cinematografico, che mette a fuoco con estremo nitore sia il paesaggio che gli “attori” della storia. Dove “La nonna”, brontolona e saggia, è solo un personaggio fra i pochi altri che ruotano attorno alla figura centrale di Felicino: gli altri sono il Nonno, geniale e svagato, il caustico e inafferrabile zio Flaco, i genitori ballerini Grissino e Golia, i vicini di casa Tritapepe e Starnuto, fratelli opposti e speculari. I nomignoli con cui vengono caratterizzati i personaggi contribuiscono a rendere quel tono da opera buffa che Pina sa orchestrare con divertita maestria, al pari delle frequenti strofette scherzose, cantilene o limerick che i famigliari spesso usano per rivolgersi a Felicino, e al pari anche delle onomatopee, dei giochi di parole a volte compulsivi che lo stesso piccolo protagonista trova o inventa, per esaltare la sua incessante scoperta del vivere attraverso il linguaggio. Perché un dato è certo: l'isola vive nella fantasia del lettore in quanto narrata, “rivelata” dal linguaggio, e questa può apparire una considerazione ovvia, direi banale, perché sempre in letteratura, come in tutte le arti, ciò che si intende comunemente come realtà - e quindi la vicenda umana nelle sue svariate sfaccettature, l'esperienza individuale, la storia collettiva, le stratificazioni della memoria, il mistero del sogno – tutto ciò, dicevo, nasce a nuova vita nelle arti  in quanto viene ri-scritto dalla sapienza del segno espressivo. Ma in questo libro c'è un'ottica particolare che rende la narrazione particolarmente intrigante, e che nasce dal processo quasi di identificazione dell'occhio della scrittrice con quello di un infante, da quel tentativo di ridare verginità ai dati dell'esperienza attraverso lo stupore, il gioco supremo, dell'atto creativo, che cerca in tale immedesimazione di ri-fondare un proprio mondo. Ma chi scrive è pur sempre un'autrice di lunga esperienza e molteplici conoscenze intellettuali, per cui la lingua usata è solo in apparenza bimbesca e ludica, ma mescola termini specialistici e citazioni letterarie, reminiscenze argentine di struggenti milonghe e spiazzanti nonsense, parentele trasversali fra il lessico italiano e quello spagnolo. In questa tessitura linguistica ricca ma articolata senza nessuna ostentazione, è evidente che la natura dell'isola può essere resa solo attraverso una cultura diramata in infiniti echi, rimandi e domande. Ecco perché il dito che Felicino punta di continuo sulle “cose” chiede con l'immediatezza tipica dell'infanzia la loro natura, il loro nome, perché “sa” d'istinto, senza avere la dottrina della conoscenza, che nel nome c'è il destino e il significato delle cose: “nomen omen”. La meraviglia con cui l'occhio infantile scruta e svela l'universo-mondo diventa, nel corso dei dieci capitoli di un unico lungo racconto dalla struttura circolare, una riflessione gnomica sul mistero e la bellezza del vivere, scanzonata e lieve eppure adombrata nell'epilogo da una malinconia tipica da fine-stagione, quando i primi brividi settembrini pongono interrogativi inquieti sulla durata effimera dell'estate e, con essa, dell'esistenza. Per questo Federico, nella dedica propiziatora, formula un augurio che è quasi un vaticinio, nella beata divinazione dell'infanzia: “Buon viaggio nonna, e pensa alle stelle cadenti”. E la nonna, con la consapevolezza adulta della caducità di ogni stella, risponde al bimbo con un viaggio nella scrittura che è un prezioso compendio di valori narrativi, che possono forse proteggere dal caos e dall'inconsistenza. Tali valori sono la leggerezza, la rapidità, l'esattezza, la visibilità, la moltiplicità, la coerenza: le sei caratteristiche essenziali alla scrittura breve, quelle che Italo Calvino – nelle sue “Lezioni americane” - indicava come fondamentali per la letteratura del nuovo millennio.

Marcello Marciani

(09/05/2014)


Pina Allegrini
RACCONTI DELL'ISOLA
Edizioni Tabula fati
[ISBN-978-88-7475-355-0]
Pagg. 96 - € 8,00

http://www.edizionitabulafati.it/raccontidellisola.htm