Recessi, drammi, cause remote degli
eventi della storia del Novecento sono stati colti in profondità più dalle
pagine chiarificatrici della letteratura, che non dall’asettico approccio della
ricerca storico-accademica. Si pensi, tra i tanti esempi possibili, al tratto
realmente disvelativo che connota Masse e
potere di Elias Canetti, in tema di totalitarismo, o il Gattopardo di Tommasi di Lampedusa, in
merito alla storia del Risorgimento e al trasformismo dei nostri governi nazionali.
Tale tendenza è, senza ombra di dubbio, confermata da una commedia di Claudio
Mauri, saggista e romanziere, Il male
viene dal cielo, pubblicata da Tabula Fati editore (per ordini: 335/6499393;
edizionitabulafati@yahoo.it).
Il testo è ambientato in una
camera d’albergo nella Milano degli anni Settanta. I protagonisti sono due
turisti americani, James e Jane, in viaggio di piacere nel Bel Paese. Tutto
accade in una giornata d’ottobre, luminosa e solare nel primo pomeriggio
lombardo e, all’occaso, gradualmente pervasa dalle ombre della sera. In questa
stanza fanno improvvisa irruzione, annunciati dal portiere, un uomo
dall’aspetto anonimo, Luigi Maestrelli, assieme ai suoi anziani genitori. A
tutta prima, i tre risultano degli emeriti sconosciuti agli occhi degli
americani. Tuttavia, la storia che Maestrelli racconta, in modo drammatico e
coinvolgente, ha per protagonista negativo ed inconsapevole proprio James.
Questi, infatti, il 20 Ottobre
del 1944 era uno dei piloti del 451° Bomb Group dell’aviazione statunitense
che, a guerra praticamente conclusa, avrebbe dovuto bombardare lo stabilimento
Breda. Milano era una città senza più possibilità di difesa e, come è stato
mostrato da tanta letteratura specialistica in argomento, gli obiettivi
industriali da colpire non erano più ubicati nel capoluogo lombardo. Anche nel
lontano 1944 la giornata si annunciava decisamente bella e soleggiata, ma
quando la prima ondata di aerei del 451° si avvicinò all’obiettivo della Breda,
un gusto al dispositivo di scarico degli ordigni lì fece cadere, prima del
tempo, sulla circostante campagna. La seconda ondata dello stormo sbagliò la
rotta d’attacco di 15°, il capo formazione decise: “…di liberarsi
immediatamente delle bombe sganciandole sulla popolazione civile, colpendo i
quartieri di Gorla, Turro, Precotto…provocando la morte di 184 bambini della
scuola elementare Crispi” (p. 10). Un
gesto gratuito e terribile, visto che le bombe avrebbero potuto essere
sganciate su luoghi disabitati, durante il percorso di ritorno. Tra i bimbi
morti, il piccolo Alfonso, fratello di Luigi, che quella tragica mattina
avrebbe voluto rimanere con lui a giocare a calcio nei prati, assieme ai
chiassosi coetanei, senza andare a scuola. Fu il padre a costringerlo a
frequentare le lezioni.
La figura paterna, tratteggiata con empatia da Mauri, è assolutamente
dolente. Fuori di sé dopo il ritrovamento sotto le macerie del cadaverino di
Alfonso, è rimasto in vita al solo scopo di attendere l’impossibile ritorno del
figlio, aiutato e sostenuto, per tanti anni, dalla moglie, a sua volta
straziata dal dolore. Solo sulla scena teatrale, da sempre adusa a presentare
il dramma della vita, sarebbe stato possibile rievocare questo evento minore e
misconosciuto, ma al tempo stesso chiarificatore, della Seconda guerra
mondiale. Esclusivamente nella rappresentazione scenica, la tragedia dei Maestrelli,
tipica tragedia italiana di quegli anni, in una processo catartico
perfettamente reso dall’autore, poteva toccare in profondità il cuore di James
e della moglie. Il pilota, infatti, all’epoca si era limitato ad obbedire agli
ordini e non era a conoscenza della carneficina prodotta dal bombardamento che,
a distanza di tempo, lo colpisce schiacciandolo improvvisamente sotto il peso
del rimorso.
Mauri, che riconosce il proprio
coinvolgimento emotivo nella narrazione, ha il merito di indurre nel lettore (presto
ci auguriamo anche nello spettatore, grazie alla messa in scena della commedia),
un profondo senso di disagio rispetto ai protagonisti e alla vicenda. Il testo
si rivolge a chi: “…crede che la vita abbia un senso soprattutto se è ricerca
della verità” (p. 19), e la verità di cui Il
male viene dal cielo è latore, è stata per troppo tempo sottaciuta. La
storia, infatti, è in genere scritta dai vincitori. Il “sangue dei vinti”,
anche quando si tratti di civili e addirittura di bambini, non ha voce, non
deve trovare ascolto.
Ma le
guerre accrescono la loro drammaticità se la verità viene affossata
dall’atteggiamento manicheo, che legge il bene presente da una sola parte e
criminalizza l’altra. Nel dopoguerra, i “nuovo padroni” avrebbero voluto
edificare, là dove sorgeva la scuola Crispi
bombardata, un cinema. Le proteste dei coraggiosi genitori dei bimbi le cui
vite furono anzitempo recise dalle bombe USA, impedirono lo scempio della
memoria storica ed ottennero che sulle macerie venisse eretto un monumento-ossario
a ricordo perenne della strage. Tutti i morti, ci ammonisce Mauri con Pavese,
devono avere riconoscimento di pari dignità. Questo libro restituisce la
dignità a chi, durante l’ultimo conflitto, non ebbe la fortuna di perdere la
vita dalla parte “giusta”. E lo fa servendosi della più accreditata ricerca
storiografica, com’è confermato dalla prefazione di Alessandro Colombo, docente
di Relazioni Internazionali all’Università di Milano.
Nei suoi studi Colombo ha chiarito come le
guerre industriali del Novecento, le guerre del terrore pianificato, furono
l’esito più del dominio della tecnica che del fanatismo politico, appartengo:
“…più alla sfera della ratio che a
quella della passio” (p. 6). E se è
vero che fu un generale italiano, Giulio Douhet, a teorizzare per primo l’uso
del bombardamento strategico, tale strategia fu successivamente sviluppata
appieno dallo stato maggiore dell’aviazione inglese. La dottrina del Moral Bombing: “…il bombardamento morale,
nacque ufficialmente nel 1928 nell’ambito della RAF ben prima dell’avvento di
Hitler” (p. 13). Anzi, Colombo riferisce che durante la Seconda guerra mondiale:
“furono…gli stati democratici…ad abbracciare con più decisione il concetto
totalitario di guerra implicito nelle teorie del Moral Bombing, mentre gli stati totalitari…privilegiarono un
impiego tradizionale dell’aviazione” (p. 13). Le statistiche confermano
quest’affermazione: l’aviazione anglo-americana provocò 1.500.000 di morti,
l’aviazione dell’Asse 240.000. La strage della scuola di Gorla, pertanto, fu il
risultato della medesima strategia militare che produsse le immani carneficine
di Dresda e Tokio, per non parlare di quelle di Hiroshima e Nagasaki.
Per chi abbia a cuore la verità, dopo la pubblicazione de Il male viene dal cielo, il 20 ottobre
non può più essere un giorno come un altro.
Riflettere, su quanto accaduto allora, sarà utile affinché gli italiani recuperino
una memoria condivisa.
Giovanni Sessa
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